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Quando l’alimentazione influenza il mal di testa


A molti sarà capitato di prendere almeno una volta un analgesico per contrastare un mal di testa più o meno intenso.

Questa situazione spesso ricorrente, può essere causata da vari fattori: predisposizione genetica, problemi muscolari o articolari, problemi di vista, riposo insufficiente, stress, alta o bassa pressione sanguigna… ma anche alimentazione errata.

In effetti diversi alimenti, in soggetti predisposti, potrebbero scatenare un attacco di cefalea caratterizzata da dolore pulsante e localizzato (ma non solo), che durante gli episodi più intensi può manifestarsi anche insieme ad altri sintomi come nausea, vomito, ipersensibilità alla luce e/o ai suoni forti e che può durare da qualche ora fino a massimo tre giorni.

Ma quali sono gli alimenti più controindicati da questo punto di vista?

I più comuni sono caffè, cioccolato, alcolici, carni rosse e insaccati vari (a causa del loro contenuto di nitriti), cibi fritti, formaggi stagionati, frutta secca o prodotti contenenti glutammato (come dadi da brodo).

In particolare si è scoperto che alcuni soggetti sono particolarmente sensibili alla tiramina, sostanza contenuta in cibi comuni come formaggi e pesce (in particolare tonno, sgombro, sardine): si tratta di una molecola derivante dalla decarbossilazione dell'amminoacido tirosina da parte di alcuni batteri. Scoperta da un farmacista inglese studiando il malessere che la moglie manifestava in seguito all'assunzione di formaggi, la Cheese Syndrome è una crisi ipertensiva causata dall'assunzione di cibi ricchi di questa sostanza in soggetti con insufficienza primaria di MAO (mono ammino ossidasi) o che seguono cure con farmaci anti-MAO (antidepressivi): in questi casi, la tiramina non viene degradata in modo corretto e l'organismo rimane maggiormente esposto al rischio di intossicazione.

La tiramina infatti stimola il rilascio di noradrenalina che, a sua volta, induce un aumento della pressione sanguigna, fenomeno che in alcuni soggetti può appunto scatenare una crisi di cefalea.

Attenzione però che anche in questo caso la soluzione non consiste nell'eliminare in blocco una famiglia intera di cibi, sia perché le quantità di tiramina possono variare molto (un prodotto come il cheddar contiene 146 mg di tiramina su 100 g, mentre un formaggio tipo emmenthal ne contiene 51 mg ogni 100 g o addirittura si può scendere fino ai 29 mg del grana), e sia perché a volte si tratta di una questione di quantità (magari una piccola porzione di patatine fritte non sortisce effetti negativi, mentre un intero sacchetto, magari unito a degli insaccati, potrebbe scatenare un attacco).

Inoltre, ciò non vuol dire che questi cibi “fanno venire il mal di testa”, ma che i soggetti predisposti potrebbero aggravare una crisi già presente o aumentare la frequenza degli attacchi, quindi sarà importante fare delle prove con i singoli alimenti.

Anche processi digestivi particolarmente lunghi e pesanti (come nel caso di un abbondante pranzo domenicale) potrebbero scatenare una crisi in individui predisposti.

Sostanzialmente, in coloro che sono soggetti a molti episodi ravvicinati di mal di testa, rivedere l’alimentazione potrebbe sortire un effetto positivo sia in termini di intensità che di frequenza.

A volte basta poco per ottenere risultati immediati, per esempio in alcuni soggetti basta eliminare i dadi da brodo contenenti glutammato.

Volendo dare delle indicazioni generali, il primo intervento da provare è sicuramente la sospensione del consumo dei cibi che potrebbero scatenare il mal di testa e se effettivamente si nota una riduzione della frequenza degli episodi, reintrodurre un singolo alimento alla volta in modo da capire quale possa essere quello “scatenante”.

Un’ulteriore modifica consiste nel cercare di privilegiare quegli alimenti che possono avere una funzione protettiva, essenzialmente frutta e verdura (che purtroppo molto spesso mancano del tutto o sono consumate in quantità troppo limitate). Può essere utile anche cercare di mangiare a orari regolari, evitando lunghi digiuni seguiti da abbuffate che provocano sbalzi glicemici nocivi per chiunque.

Infine non bisogna trascurare una corretta idratazione (uno dei primi sintomi della disidratazione è proprio il mal di testa) e una minima attività fisica (per eliminare tutte le cause muscolo-tensive dovute a scarso tono muscolare o a posture errate).

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Dott. Lucio Catalano

Medico Chirurgo - Specialista in Scienza dell'Alimentazione

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